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UOMO E DONNA - LE DIFFERENZE CHE UNISCONO

Educare la famiglia, tutto sommato, significa educare se stessi, perché in un modo o nell’altro tutti facciamo parte di una famiglia. Oggi vorrei concentrarmi sulla dualità uomo-donna, per recuperare o riscoprire quelle differenze fondamentali che rappresentano la ricchezza, la singolarità della coppia, intesa come il centro fondante della famiglia; le differenze tra i due sono sicuramente individuali (ognuno il suo carattere, la sua storia, la sua libertà) ma sono anche differenze di genere, dovute all’essere uomo e donna, maschio e femmina. Conoscere e accogliere queste differenze ci aiuta a valorizzarci, a comprenderci reciprocamente e a tentare di impedire che proprio loro, queste differenze, diventino motivo di incomprensione o fragilità nella coppia, la destabilizzino. Perché è facile capire che il benessere, la tenuta della famiglia sono strettamente correlati al benessere della coppia, e il benessere di coppia parte dal benessere dei suoi due componenti.

Perché maschio e femmina? È davvero affascinante il fatto che Dio, creando l’essere umano a sua immagine, abbia scelto di differenziarlo: “E Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò” (Gen. 1,27). Due “varianti” umane di pari dignità, con fondamentali differenze, ma complementari l’uno all’altra. E che li abbia posti poi alla ricerca l’uno dell’altra, ma nello stesso tempo “tenuti a distanza” dalle reciproche diversità. Tutto questo mi sembra molto affascinante e misterioso.

Pensiero successivo: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.” (Gen. 1, 31)

Il fatto che uomo e donna siano diversi è una cosa buona, positiva, importante! Ricordiamolo, ogni tanto, anche se spesso a molti capita di pensare che il mondo sarebbe più semplice, più bello, se fossimo solo femmine, o solo maschi…di solito ognuno pensa che il proprio sesso sia il migliore.

 

Che uomini e donne fossero diversi, quasi provenienti da due pianeti differenti, è sempre stato chiaro; più difficile invece spiegarsi il perché. Forse questa spiegazione poteva essere meno necessaria un tempo, quando i ruoli erano rigidi, ben definiti e quasi sempre subordinati uno all’altro, in una specie di rassegnata incomprensione. Per gli uomini era normale pensare alle donne come esseri irrazionali ed emotivi, le donne evitavano di competere e far sentire la loro voce in alcuni ambiti della vita e della società. Questa rassegnazione alla reciproca incomprensione si rifletteva spesso nelle dinamiche famigliari e di coppia, perpetuandosi da una generazione all’altra.

Negli ultimi decenni in vari ambiti (in campo civile, psicologico, direi anche all’interno della Chiesa) si è posta maggior attenzione per comprendere e riconoscere queste differenze, anche grazie allo sviluppo degli studi sociali e delle neuroscienze.

Nella società attuale, in cui vivere in coppia non risponde tanto a una convenzione sociale, ma a una scelta affettiva, il bisogno di sentirsi accettati e valorizzati dal coniuge, il benessere emotivo e la comprensione reciproca sono divenuti essenziali per la tenuta della coppia e della famiglia; gli sposi sentono la necessità di vivere una buona ed efficace comunicazione, che sappia far crescere la relazione e offrire un soddisfacente equilibrio emotivo. Ma non è così facile, come dimostra la grande quantità di pubblicazioni e manuali sul mercato.

 

Nell’analizzare le caratteristiche del maschile e femminile, non può mancare una premessa importantissima: prima ancora delle differenze di genere, bisogna tenere presente che ogni persona, indipendentemente dal sesso di appartenenza, è un universo originale e misterioso non sovrapponibile a nessun altro. In tutta la sua bellezza, questa verità può essere così: io e te siamo due entità uniche e originali, quello che provo io non lo stai provando tu, quello che pensi tu non è quello che penso io; io non potrò mai comprenderti e conoscerti nella tua totalità, e tu non potrai comprendermi e conoscermi nella mia totalità, perché l’esperienza e il vissuto che caratterizzano il processo di espressione/comprensione sono anch’essi personali, quindi unici.

 

Partendo da questo presupposto, si può dire che la costruzione di una buona relazione non può che partire dall’accettare l’altro come una realtà differente dalla propria, senza dare a questa definizione una valenza qualitativa: diverso non vuol dire migliore o peggiore.

Un’altra premessa fondamentale è che la conoscenza reciproca richiede l’impegno reciproco.

Alcuni aspetti dell’altro (carattere, comportamento e abitudini) si possono desumere dalla frequentazione: passando del tempo insieme posso capire come sei fatto e cosa ti piace: osservandoti, guardando come reagisci a quello che succede e quello che scegli; altri aspetti invece  (pensieri, emozioni, desideri e aspirazioni) difficilmente possono essere compresi se non vengono esplicitati, se non ne parlo, se non li racconto: spiegare, raccontare di sé, esprimere il proprio pensiero può essere faticoso ma è abbastanza indispensabile per permettere all’altro di comprendermi.

Tanto spesso invece mi piacerebbe che l’altro capisca i miei pensieri e i miei bisogni e agisca di conseguenza, senza neanche bisogno che io ne parli. È un desiderio forte, ma praticamente irrealizzabile.

Quindi:

-per capire l’altro devo partire dall’idea che comunque non potrò mai conoscerlo completamente, cioè resterà sempre un mistero, perché è diverso da me.

-per conoscerlo devo mettermi ad osservarlo e ascoltarlo, ci vuole tempo.

-se voglio essere compreso dall’altro devo raccontare, spiegare, chiedere ciò che desidero

 

Le differenze tra uomo e donna, maschio e femmina, sono così profonde che si riscontrano in ogni aspetto della vita. Anche se possono essere fortemente influenzate dall’ambiente e la cultura, non dipendono da essa: queste differenze sono radicate nella biologia e nella psicologia umana, cioè sono innate. Uomo e donna hanno corpi e menti diversi.

Perché? Forse perché devono incarnare due ruoli diversi: il ruolo materno la donna, quello paterno l’uomo.

Da questi due ruoli derivano stili relazionali caratteristici, chiamati “codice materno” e “codice paterno”. Questi codici sono evidenti soprattutto in relazione al figlio, ma si ritrovano poi nel modo di entrare in relazione con tutti, anche con il partner, il marito o la moglie.  Essi non sono un semplice elemento culturale, né sono arbitrariamente intercambiabili come frutto di una scelta individuale.

 

Ciò che invece muta nel tempo, anche in risposta ad ambiente e cultura, sono i compiti che l’uomo e la donna sono chiamati a svolgere o scelgono di realizzare, che possono variare a seconda del contesto culturale, dei tempi, ma anche a causa di motivi pratici, interessi e attitudini personali, da desideri e necessità. In altre parole, un uomo non potrà mai essere una madre e una donna non potrà mai essere un padre, ma ognuno potrà assumere il compito di pensare alla spesa, lavorare o accompagnare i figli a scuola. E tengo a precisare che un uomo e una donna possono essere capaci di fare le stesse cose!

Il modo con cui un genitore svolge questi compiti avrà una sfumatura “maschile” se è un uomo o “femminile” se è una donna. (anche se dobbiamo ricordare che ognuno interpreterà il proprio ruolo in modo personale).

Per un bambino l’esperienza di aver a che fare con persone che incarnano entrambi i codici è importantissima. In famiglia quando una di queste due figure manca (per esempio in caso di separazione, lutto o scelta personale) il genitore rimasto solo cercherà di attuare anche il codice del genitore mancante, pur non potendosi sostituire completamente a lui. Oppure spesso si cercano al di fuori della famiglia persone che possano rivestire la figura paterna o materna mancante.

In campo educativo (es. scuola) avere insegnanti sia maschi che femmine è una ricchezza.

 

A livello del corpo, le differenze tra maschile e femminile sono pressoché totali, sia dal punto di vista anatomico che da quello metabolico e funzionale. Il corpo è un grande maestro; osservandolo possiamo capire tante cose su di noi, riconosciamo nel suo funzionamento tante nostre attitudini e comportamenti; ci insegna il senso profondo della vita e della relazione con l’altro. Il codice genetico maschile e quello femminile sono uguali per più del 99%, ma questa piccola differenza percentuale influenza ogni singola cellula del corpo, dai nervi che registrano piacere e dolore, ai neuroni che trasmettono percezioni, pensieri, sentimenti ed emozioni, alle cellule che formano organi, tessuti, ossa. Questa cosa è talmente evidente che in medicina la cura e la terapia delle diverse malattie non può non tenere conto del sesso del paziente e la medicina di genere sta prendendo sempre più piede.

Anche il cervello quindi presenta delle differenze tra maschio e femmina: nei centri cerebrali del linguaggio e dell’ascolto, per esempio, le donne possiedono un maggior numero di neuroni rispetto agli uomini; il loro ippocampo, principale centro di controllo delle emozioni e di formazione dei ricordi, è più sviluppato di quello maschile, così come l’insieme dei circuiti del linguaggio e dell’osservazione delle emozioni altrui. Per questo, solitamente, alle donne riesce più facile esprimere le emozioni e ricordare i dettagli degli eventi che le suscitano. Per contro, nei maschi sono più ampi i settori cerebrali preposti all’impulso sessuale, all’azione e all’aggressività; essi hanno più processori per registrare la paura e le situazioni pericolose e per questo reagiscono più prontamente alle minacce, e più velocemente e frequentemente delle donne possono arrivare allo scontro fisico[1].

 

Sono gli apparati genitali che più di tutto raccontano le peculiarità maschili e femminili: l’apparato maschile (esterno, attivo, nella logica della ricerca) parla di azione, impegno per ottenere un risultato, dinamismo, coraggio, piacere della conquista. La fecondità maschile, costante e abbondante (milioni di spermatozoi sempre pronti), richiama l’allenamento, il gioco di squadra, la competizione, il mettersi a servizio di una causa. Infatti, a livello psicologico, l’uomo è generalmente più realista e immediato, va all’essenziale, ridimensiona; più intraprendente e positivo, tende a dominare e la sua forza è affermazione del positivo. La sua intelligenza è più analitico-consequenziale, cioè rispetto a un problema procede con piccoli passi logici in successione, finché arriva alla soluzione.

Al contrario, l’apparato femminile (nascosto, protetto, nella logica dell’accoglienza) dice della capacità della donna di adeguarsi all’esigenza dell’altro, di lasciare spazio, comprendere, accudire, proteggere. La fecondità femminile, ciclica e limitata nel tempo, regolata da un delicato equilibrio ormonale in un continuo alternarsi, racconta la flessibilità, la dolcezza e la ricerca di armonia, ma anche insicurezza e imprevedibilità. A livello psicologico, allora, la donna è più sensibile e fantasiosa, attenta al dettaglio, più paziente ed empatica; vive meglio la forza come resistenza, e ha un tipo di intelligenza prevalentemente sintetico-intuitivo, cioè con uno sguardo d’insieme abbraccia il problema e arriva di getto alla soluzione, anche senza saper spiegare come è stato possibile[2].

 

Le differenze biologiche e psicologiche maschili e femminili sono al servizio della coppia e della famiglia: esse fanno sì che, anche inconsciamente, l’uomo e la donna ricerchino nell’altro il proprio completamento, cioè quello di cui naturalmente sono più sprovvisti. Questa complementarietà favorisce la crescita e il benessere dei figli, che confrontandosi con il codice paterno e materno potranno strutturare la loro identità personale. Perfino la differente conformazione fisica dei genitori ha una valenza educativa per i piccoli. L’abbraccio caldo e rassicurante della mamma trasmetterà al bambino sicurezza e senso di accoglienza; anche quando il bimbo sarà cresciuto e lei non riuscirà a tenerlo tra le braccia come nei primi mesi, la struttura dei suoi fianchi, più larghi e arrotondati di quelli maschili, le permetterà di appoggiare il piccolo su questo “seggiolino” naturale per tenerlo vicino a sé, distribuendo meglio il peso e lasciandola libera di muoversi e nel frattempo fare altro. Per i fianchi stretti del papà quella presa risulta impossibile, ma le sue spalle larghe e robuste permetteranno al bambino di sentire la saldezza della presenza paterna che, offrendogli nel frattempo la vista dall’alto, lo incoraggia a intraprendere il viaggio alla scoperta del mondo. Il corpo della mamma e quello del papà esprimono cioè due aspetti importanti dell’amore: l’accoglienza, l’essere a disposizione per rassicurare e consolare (codice materno); la fiducia, il desiderio di conoscere, la scoperta, la libertà di lasciare che il figlio scelga la sua strada e trovi il coraggio di andare (codice paterno)

 

Differenze quindi positive, belle, necessarie; ma allora perché queste differenze spesso generano incomprensione, difficoltà, sofferenza? Cosa non torna?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo approfondire il discorso sulle differenze psicologiche, che vanno a braccetto, dipendono, direi quasi, da quelle del corpo. Come abbiamo accennato, il cervello dei maschi e delle femmine “funziona” in modo diverso, perché si plasma e reagisce sotto l’influsso degli ormoni sessuali, differenti come dosaggio nell’uomo e nella donna. La presenza massiccia e continua di testosterone nell’uomo fa sì che i suoi pensieri e il suo agire sia più lineare, più pratico e assertivo. Il cervello della donna, invece, è stimolato in modo ciclico dalla presenza di due ormoni diversi (estrogeni e progesterone) che si alternano e fluttuano in modo ritmico; ciò rende il suo pensiero più creativo e sensibile ai comportamenti e pensieri altrui e il suo stato d’animo più sfumato e fluttuante, anche a causa del fluttuare della quantità di questi due ormoni nelle diverse fasi del ciclo mestruale.

A livello emotivo, ne deriva che negli uomini è più facile che le reazioni a ciò che accade e le emozioni provate dipendano soprattutto dagli eventi esterni, mentre per le donne emozioni e stati d’animo sono influenzati dalla ciclicità ormonale, per cui è normale che di fronte allo stesso evento che si ripete nel tempo è possibile che una donna reagisca differentemente, a seconda degli ormoni che caratterizzano quel particolare momento. Forse da questa caratteristica femminile nasce la credenza che le donne siano nervose quando hanno le mestruazioni, ma niente innervosisce di più una donna che sentirsi dire da un uomo il motivo del suo nervosismo! conviene sempre fare attenzione a non generalizzare e stereotipare, perché le persone, tutte, non sono determinate dagli ormoni: la razionalità, il pensiero, l’esperienza, la volontà entrano in gioco anche per quanto riguarda le reazioni e i comportamenti, sia nelle donne che negli uomini.

 

Per la verità i problemi di comprensione (o meglio di incomprensione) reciproca nascono dal fatto che a ognuno di noi viene naturale immaginare che l’altra persona funzioni come me, quindi mi aspetto da lei le stesse reazioni e gli stessi pensieri che ho io in quella situazione…niente di più sbagliato!

E più alimento questa convinzione, maggiore sarà il rischio di sentirmi frustrato, incompreso, non stimato, tanto che col tempo tutto ciò può trasformarsi in un ostacolo che provoca sofferenza e toglie vitalità alla coppia fino a farci credere di non essere più amati, di non poter continuare la strada insieme.

Conoscere le caratteristiche maschili e femminili è DAVVERO importante, sia per l’uomo che per la donna. Dovremmo tenerne conto quando parliamo tra noi, quando discutiamo, quando programmiamo insieme il da farsi, insomma in tutti gli ambiti della relazione. Questa attenzione mi permette di offrire all’altro/a l’attenzione di cui ha bisogno per sentirsi amato e accettato, e ci aiuta reciprocamente a non essere fraintesi; realizzare una buona comunicazione di coppia porta nuova linfa alla relazione, rende più facile affrontare le sfide del cammino, aiuta a percepire come buona la scelta di vivere insieme, quindi a rinnovare l’impegno e la volontà necessari per far durare nel tempo la storia d’amore, iniziata già nel fidanzamento e coronata col matrimonio.

 

Allora, quali sono a livello relazionale e comunicativo, le maggiori differenze tra maschi e femmine?

Anche qui sono stati scritti quintali di saggi e sono stati fatti migliaia di studi. Mi sono ispirata al libro di Gray GLI UOMINI VENGONO DA MARTE, LE DONNE DA VENERE per scegliere alcune delle caratteristiche più significative:

 

1-UOMO E DONNA HANNO UN DIVERSO MODO DI PERCEPIRSI REALIZZATI: abbiamo già detto come l’idea di vivere una vita degna, che mi faccia sentire utile e mi dia un senso di gratificazione è ai nostri giorni un aspetto importante per tutte le persone

  • Uomo: è importante mettersi alla prova, migliorare le competenze, dimostrare abilità, cercare la soluzione pratica dei problemi.

  • Donna: il benessere passa attraverso la qualità delle relazioni interpersonali, l’espressione dei sentimenti, la ricerca dell’armonia e della collaborazione, la condivisione dei vissuti.

Se pensiamo a come queste diverse sensibilità si applicano per esempio a quando la sera ci si racconta la giornata lavorativa, capiamo facilmente come per un uomo sia importante raccontare per esempio come ha risolto una crisi durante il processo produttivo e per una donna raccontare di essersi sentita apprezzata e valorizzata dalla collega.

2-UOMO E DONNA SONO DIVERSI NEL REAGIRE ALLO STRESS

  • Uomo: è più facile che in una situazione tesa o stressante tenda a chiudersi in se stesso per rimuginare su ciò che lo preoccupa, alla ricerca di una soluzione, e quindi non sempre abbia voglia di parlarne e condividere dubbi e pensieri

  • Donna: solitamente sente l’esigenza di condividere il peso dei problemi con qualcuno, per poter confrontare le esperienze e imparare da esse.

Si vede la differenza? Ho un problema e voglio stare in pace a riflettere, mentre tu che mi vedi preoccupato non fai che domandarmi come mi puoi aiutare; oppure ho un bisogno disperato che tu mi dia consigli e suggerimenti e invece minimizzi e pensi ad altro.

3-LA MOTIVAZIONE: cosa mi fa agire, cosa mi mette in moto e mi rende disponibile ai bisogni dell’altro

  • Uomo: sono motivato se mi sento necessario (l’accento è più sul fare, che diventa anche “dimmi cosa devo fare”)

  • Donna: sono motivata se mi sento assistita con sollecitudine (l’accento è più sull’essere: ci tengo a farlo perché vedo che ti fidi di me e apprezzi il mio aiuto)

 

4-TRA UOMO E DONNA C’È UN DIVERSO USO DEL LINGUAGGIO VERBALE: perché parlare

  • Uomo: essenzialmente il linguaggio viene usato per dare e ricevere informazioni, condividere pensieri e pareri su un certo argomento, mentre diventa faticoso usarlo per esprimere emozioni e mondo interiore

  • Donna: le parole, oltre che per quei motivi, vengono usate anche per chiarirsi le idee, per alleviare preoccupazioni e per creare intimità. Non per forza al loro parlare deve corrispondere una risposta, una indicazione, a volte hanno solo bisogno di sapere che qualcuno le ascolta

 

5-INFINE, UOMO E DONNA HANNO UN DIVERSO MODO DI SENTIRSI AMATI

  • Uomo: l’amore (e direi soprattutto il sentirsi amato) si basa maggiormente sulla fiducia, sull’accettazione e sulla stima: sento che la mia donna mi tiene in considerazione, mi stima e si fida di me

  • Donna: nella relazione, per sentirsi amata, non possono mancare dolcezza, affettuosità, comprensione e rispetto.

Sulle differenze tra uomo e donna nel percepire e vivere l’amore, anche rispetto la gestualità sessuale, torneremo magari in un altro incontro, perché questi aspetti meritano senz’altro un approfondimento.

 

Certo, questo piccolo elenco non esaurisce le differenze tra uomo e donna, sicuramente è riduttivo e non possiamo applicarlo alla lettera a tutte le persone!

Possiamo però dire che mediamente, per quelle differenze bio-psico-sociali accennate in precedenza, è facile che molti uomini e donne si riconoscano, in linea di massima, in questo tratteggio.  Ripeto ancora però che, siccome ognuno di noi è unico e originale, ci sono tutte le variabili legate al carattere, all’educazione e al vissuto che fanno sì comunque che ognuno, anzi ogni coppia risulti un caso a sé, dato dalla combinazione delle caratteristiche personali e dal modo con cui la relazione trasforma i due elementi della coppia.

Inoltre, un po’ di maschile e di femminile è presente in tutti: solitamente una donna ha avuto figure maschili di riferimento, così come un uomo ne ha avute di femminili e qualcosa nel comportamento e negli atteggiamenti possono aver ereditato da esse: tutto sommato il DNA nelle nostre cellule deriva sia dal padre che dalla madre; inoltre anche i modelli culturali più fluidi e la maggior libertà di espressione, che caratterizzano i nostri tempi, hanno la loro influenza sotto questo aspetto.  Io credo che lasciare dialogare il maschile e il femminile che è in ognuno di noi aiuti la comprensione reciproca.

 

Conoscere le differenze non è certo sufficiente per riuscire a superarle: il cammino di accettazione e comprensione nella coppia è costante e in continua evoluzione. Uno strumento preziosissimo per crescere in questo senso è il dialogo, cioè la capacità di creare reciproci spazi di ascolto ed espressione che permettano di sintonizzarsi l’uno con l’altro. Per qualcuno può essere molto faticoso: bisogna imparare a rispettare i giusti tempi, a esprimersi in modo che l’altro possa comprendere, a saper ascoltare e accettare la risposta. È però una fatica che vale la pena intraprendere.

 

La differenza, da un certo punto di vista, è ciò che PERMETTE la costituzione della coppia; nella fase dell’innamoramento la differenza non spaventa, anzi affascina e attrae. Quello che è importante maturi, insieme all’amore, è la consapevolezza che le differenze esistono e che non possono essere annullate.

Rispetto al cambiamento possibile, è fondamentale tenere presente che ognuno di noi può intraprenderlo, ma solo a partire da un tentativo di cambiare se stessi, il proprio modo di guardare l’altro e di comunicare con lui; sarà questo impegno che stimolerà il partner a fare la sua parte, cioè a promuovere il suo personale cambiamento. Nel fare ciò è importante mantenere lo sguardo limpido su quelle caratteristiche che ci hanno aiutato a riconoscere nel coniuge che abbiamo accolto nel giorno del matrimonio, il collaboratore prezioso donatoci dal Signore, col quale realizzare il percorso di santità insito in questa particolare vocazione: il matrimonio testimonia al mondo come l’unità si costruisca a partire dalla diversità e come l’essere umano necessiti dell’incontro dell’altro per realizzarsi pienamente.

 

[1] cfr. Louann Brizendine, Il cervello delle donne, Rizzoli, Milano 2007.

[2] cfr. Leda Galli, Dal corpo alla persona, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2007.

riconoscere le differenze ci aiuta a farle diventare punti di forza, a servizio della complementarietà

13.03-11.04.2021

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