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TI FIDI DI ME?

cosa mi permette di aver fiducia in un altro?

L'esperienza e la fede in lui: credo in te e quindi mi fido, sei stato affidabile quindi continuo a credere in te 

08.02.2025

acrobati-ti fidi di me?

“Ti fidi di me?”

Quante volte ci siamo sentiti fare questa domanda da chi ci conosce e ci vuole bene? Quante volte l’abbiamo posta noi alle persone che ci stanno intorno, ai nostri figli, al nostro partner?

È una domanda che per la verità assomiglia più ad una richiesta: fidati di me, cioè fai come ti dico! O a volte, se ripetuta e inascoltata, diventa quasi una protesta: non capisco perché non vuoi fidarti di me e fare ciò che ti chiedo!

La fiducia è uno degli ingredienti fondamentali nelle relazioni, sia nella coppia che tra genitori e figli, sia tra amici che tra collaboratori nell’ambiente di lavoro, tra docente e studente, medico e paziente ecc.

Avere fiducia in qualcuno significa riconoscergli una capacità, un valore, un ruolo.

Il legame di fiducia che lega due persone (o un gruppo) può essere paragonato al cordino di montagna con cui ci si lega l'uno all'altro quando si fa un'escursione. Il nodo deve essere effettuato con cura, per non rischiare di sciogliersi nei momenti in cui si mette alla prova. In una comitiva chi è responsabile controlla che ognuno abbia praticato il nodo e l'imbracatura in modo corretto, aggiustando quelli fatti male.

Come dire che ci sono momenti in cui la fiducia si mette alla prova, si verifica, si rafforza con qualche strategia quando sembra essersi indebolita.

 

Cosa mi permette di rafforzare la fiducia in un'altra persona? Fondamentalmente l'esperienza, il fatto che si sia dimostrata affidabile in passato, ma anche il credere in lei, nella sua capacità di mettersi in gioco quando serve. In questo la fiducia è figlia della fede; questi due aspetti si nutrono a vicenda: credo in te e quindi mi affido, sei stato affidabile quindi continuo a credere in te. 

La fiducia si basa anche sul riconoscimento delle capacità dell'altro: in una cordata chi sta davanti è quello che meglio conosce la pista, quello in grado di riconoscere ed evitare i pericoli, colui che ha a cuore non solo la sua incolumità ma quella di tutti. 

La fiducia inoltre è reciprocità: a seconda della situazione o del tipo di escursione, o delle condizioni climatiche, si mette a capo della cordata chi meglio ha affinità con quella condizione. Per capire possiamo fare l'esempio di un'equipe medica composta da diversi specialisti: il diagnosta, il chirurgo, il fisioterapista; ognuno mette a turno a disposizione degli altri la sua competenza per raggiungere il risultato, che è il benessere del paziente. Quindi avere fiducia nell'altro significa anche fare un passo indietro e riconoscere quando lui è più adatto di me per fare fronte ad una determinata situazione; significa lasciarsi guidare, saper cedere il comando, delegare.

 

Da un'analisi più approfondita emerge che la fiducia, in fondo, è l'aspettativa che ognuno di noi ha sull'altro. Riferendosi alla vita di coppia, essa si arricchisce di significati particolari. 

Quando una coppia si costituisce, tra i due si stringe un patto di fiducia e responsabilità che si compone per la verità di due aspetti differenti: il patto dichiarato e il patto segreto. Il primo è quello che si formalizza e di cui si è consapevoli: vogliamo essere una coppia, ci promettiamo fedeltà, ci impegniamo a sostenerci ed aiutarci a vicenda, condividiamo esperienze, progettiamo il futuro insieme ecc. 

Il secondo invece è latente, spesso inconsapevole; deriva dai bisogni dei partner che cercano nella relazione una serie di soddisfazioni emotive, psicologiche o materiali legate ai vissuti, alle esperienze precedenti, alle loro storie personali.

Infatti, nello scegliere proprio quell’uomo lì o quella donna lì entrano in gioco tanti aspetti che non c’entrano direttamente con chi è l’altro, ma piuttosto con chi sono io e cosa mi aspetto dalla relazione con lui; se è vero che questo avviene a livello inconscio, ne divento consapevole quando le aspettative vengono disattese, cioè quando mi sento delusa dall'altro. Per la verità, la delusione indica che quella che avevo era una illusione, era il mio ideale sull'altro al quale mi aspetto che lui aderisca. Prima quindi di pensare che lui sia “sbagliato” per me, sarebbe più utile (e più onesto) domandarsi se quello che mi aspettavo dall’altro era adeguato, realistico o se invece non fosse fuori misura, non c’entrasse niente con chi egli è veramente.

 

Quando siamo bambini, proviamo per gli adulti, soprattutto i genitori, una fiducia ingenua che ci permette di affidarci ciecamente a loro e accogliere per buono e vero tutto quanto ci propongono. Questa situazione ci mette in una condizione di dipendenza e di pericolo, da cui siamo protetti grazie all'amore e al buon senso degli adulti. 

Attraverso i rinforzi positivi e negativi che riceviamo da questa esperienza di affidamento, piano piano sviluppiamo la fiducia in noi stessi, che ci permette di diventare autonomi nelle scelte e capaci di valutare rischi e benefici di ciò a cui andiamo incontro. 

Questo è un passaggio importante di crescita personale.

Nella relazione di coppia avviene qualcosa di simile quando passo dalla fase di idealizzazione dell’altro (come avviene nell'innamoramento) alla fase della conoscenza reale dell'altro, con le sue reali potenzialità e anche i suoi limiti, quando cioè la relazione diventa più solida e passa dall’infatuazione al vero amore. 

Riuscire a vedere l'altro nella sua interezza mi aiuta a valorizzare anche le mie potenzialità e le nostre differenze, permettendomi di fidarmi di lui non ciecamente, nella speranza che soddisfi tutte le mie aspettative, come fa il bambino con le mamma, ma per quei punti di forza che gli riconosco e che realisticamente sono alla sua portata. Nello stesso momento riconosco e valorizzo le mie potenzialità, cioè gli aspetti di me su cui lui può fondare la sua fiducia.

Se il partner non incarna, in modo illusorio, la persona perfetta che esaudirà sempre i miei desideri, che saprà sempre soddisfare le mie aspettative, allora è possibile lasciare spazio alla crescita personale e di coppia per avvicinare le proprie aspettative alla vita reale. Quindi, paradossalmente, il limite dell’altro spinge ciascuno ad avere fiducia in sé stesso e a investire nella crescita della coppia. 

 

Quando affrontiamo questo tema con le giovani coppie, cerchiamo di trasmettere questi contenuti attraverso alcune attività che mettono alla prova la loro capacità di fidarsi e di essere affidabili l'uno per l'altra. La prima è quella di lasciarsi cadere all'indietro tra le braccia del partner. Questo esercizio richiede una buona capacità critica: occorre valutare la propria conformità fisica, la forza dell'altro, la distanza di sicurezza che ci impedisce di cadere o di mancare la presa, gli elementi dell'ambiente che ci possono aiutare o ostacolare. Conoscere capacità, emotività, fragilità proprie e dell'altro ci aiuta a vivere bene questo esercizio. A volte per qualche coppia la scelta giusta è di evitare il "tuffo", perché ragionevolmente si riconosce di non avere i requisiti necessari per la riuscita. Riconoscere i limiti propri e dell'altro mi aiuta a fondare la fiducia sulla realtà piuttosto che sul desiderio, sull'illusione. Inoltre, in questo modo, riconoscere quello che manca (per esempio la forza per reggere il tuffo dell'altro) ci stimola a mettere in campo, a sfruttare e a potenziare risorse diverse, quelle che esistono già (mi aiuto appoggiandomi al muro, così non cadremo entrambi). Se poi questo esercizio lo ripetessimo più volte, diventerebbe sempre più facile e potremmo osare sempre di più. 

Quindi la fiducia nell’altro si alimenta con la conoscenza e va di pari passo con la fiducia in se stessi. 

La fiducia però è diversa dalla certezza, fidarsi è anche un atto di fede; è credere, dar credito all'altro: “Io ho fiducia che tu sarai lì a prendermi, che non farai intenzionalmente del male”. Nelle relazioni, però, ogni tanto capita che qualcuno si ferisca, magari a causa di una incomprensione o di una leggerezza, o di un errore di giudizio. Quando capita che il partner ci ferisce, è importante essere in grado di farglielo sapere, senza dare per scontato che lo comprenda da solo, come se sapesse leggerci nel pensiero. 

 

La fiducia in se stessi quindi è necessaria per non affidarsi passivamente all’altro; nello stesso tempo però bisogna fare attenzione che non diventi eccessiva sicurezza, che rischia di dare l’altro per scontato, o di invadere i suoi spazi di autonomia e decisione.

Fiducia in se stessi non significa nascondere o eliminare la fragilità, anzi è proprio la disponibilità a mostrare le reciproche imperfezioni che ci permette di rendere fecondo il rapporto di coppia, che è fatto anche di quelle parti di noi di cui non siamo fieri ma che al partner non si nascondono perché si ha fiducia che ne avrà cura e magari ci aiuterà a migliorarle.

Del resto però riuscirò a mostrare all’altro la mia vulnerabilità solo se avrò fiducia nella sua capacità di mantenere la riservatezza, di conservarne la sacralità e di non approfittare di queste mie debolezze per ferirmi. Quando questo dovesse accadere, la perdita della fiducia sarebbe immediata e dolorosa e davvero difficile da riconquistare.

A volte ci si sente legittimati a rompere questo silenzio quando la relazione finisce, venendo meno il patto di lealtà e intimità; per rabbia, delusione, desiderio di rivalsa si arriva a raccontare ad altri dettagli fino ad allora ritenuti privati, allo scopo di sminuire o svergognare l’altro fino a diffonderli sui social o sulla stampa, come succede ai personaggi famosi.

 

Il discorso della fiducia nella coppia è anche legato alla capacità di trovare l’equilibrio tra lo stare insieme e lo stare da soli; mentre alcune coppie faticano a conciliare gli spazi personali con quelli di coppia, altre rischiando talvolta di farli coincidere completamente. È importante essere consapevoli che, nonostante siamo una coppia, ognuno di noi mantiene la sua individualità e quindi anche una sua autonomia e un nucleo personale inaccessibile all’altro. Quando questa consapevolezza (o questa capacità!) manca, c’è il rischio che la coppia diventi fusionale, cioè inglobi le due persone che la compongono togliendo loro la capacità di vivere da loro stesse, facendole diventare codipendenti.

È bello e utile condividere esperienze insieme, è importante avere supporto e conforto nei momenti di difficoltà e stanchezza, ma è anche vitale per una relazione che ognuno non si senta obbligato a condividere, a riferire e a confidare tutto, è positivo che ognuno si ritagli spazi di vita, di passioni e di interessi che daranno vivacità, ricchezza e voglia di ritrovarsi per stare insieme. Allora la relazione rimane un punto di forza sempre fresco e significativo nonostante il passare degli anni, per durare anche tutta la vita.

Da un punto di vista relazionale, essere capaci di stare senza l’altro, significa accettare che la propria vita e quella altrui non si esauriscano nella coppia. Infatti, ci sono parti della vita dell’altro (il suo passato, la sua storia, il suo lavoro, i suoi amici, i suoi libri, la sua musica, ecc.) che lo rendono quello che è, magari lo rendono così amabile ai miei occhi, ma non mi appartengono; questi aspetti possono essere condivisi e raccontati, in modo che ci si senta parte l’uno dell’altra, ma restano fondamentalmente elementi della sfera personale, abitata solo da lui.

Sperimentare lo stare senza alimenta l’immaginazione, l’apprezzamento e il desiderio dell’altro. Ci succede quando le circostanze ci obbligano alla lontananza fisica, come nei viaggi di lavoro, i ricoveri ospedalieri o altre situazioni ancora. Sono i momenti in cui comprendiamo cosa dell’altro mi completa e mi fa stare bene, quali aspetti del nostro vivere insieme sono diventati abitudini e piaceri di cui sento la mancanza e che desidero riavere; ma sono anche momenti in cui posso sperimentare modalità e soluzioni alternative, posso scoprire alcune mie capacità che solitamente non vengono messe alla prova nella convivenza. Insomma ogni tanto lo stare senza la persona amata ci permette di apprezzare e desiderare la sua presenza, lo “stare con” lui o lei. 

 

Infine la fiducia ha a che fare con la stima, cioè la capacità di apprezzare qualità e risorse dell’altro.

La stima si costruisce nel tempo attraverso la conoscenza reciproca sia delle abilità, dei pregi, sia dei valori e delle idee. In questo modo sarà più facile affidare al coniuge alcuni compiti e responsabilità che hanno una ricaduta su entrambi, magari riconoscendo che la sua capacità in quel campo è maggiore della mia (come per esempio alcuni aspetti della gestione delle finanze o della casa, o dell’educazione dei figli) con il risultato di distribuire al meglio il carico di impegno e responsabilità rispetto alla vita famigliare.

Aver fiducia che l’altro metta a servizio della coppia le sue doti e le sue capacità non mi fa temere di lasciargli spazio di decisione e di iniziativa.

Allo stesso modo, avere valori e convinzioni comuni mi permette di credere in lui, di credere nel fatto che anche quando siamo lontani il suo agire e il suo pensare terranno conto del nostro essere coppia; credere nel suo impegno a non ferirmi o a dimenticarsi di me.

 

Quanto detto mi fa venire in mente l’importanza della fiducia nella sfera della sessualità: la capacità di aprirsi all’altro, di mostrarsi a lui con una nudità che significa mancanza di difese è possibile se credo nella sua volontà di non farmi male, di non approfittare della mia fragilità. Anche la scelta di gestire la fecondità basandosi sui Metodi Naturali richiede tanta fiducia: fiducia nella capacità della donna di saper leggere i segnali della sua fertilità, fiducia nelle regole che permettono di scegliere se aprirsi o meno ad una gravidanza, fiducia nella sincerità reciproca rispetto agli obiettivi e ai comportamenti.

 

La fiducia nella coppia è alla base della legittimazione reciproca, cioè la capacità di riconoscere e valorizzare

vicendevolmente le altrui diversità e originalità (che poi costituiscono quella unicità che ha fatto sì che, in modo consapevole o meno, ci si scegliesse reciprocamente)

Legittimare l’altro significa dunque accettare che una stessa cosa possa essere svolta in modi diversi (da me e da te) e lasciare all’altro la libertà di usare la modalità scelta da lui, nella certezza che, anche se diversamente da come farei io, potrà realizzare al meglio qualcosa di deciso insieme, retto sulla condivisione dei nostri valori.

Dare fiducia all’altro perciò implica la fatica di abbandonare qualcosa di noi, come canta Jovanotti in una sua canzone: “Mi fido di te, cosa sei disposto a perdere?”

Occorre forse staccarsi da qualche abitudine, mettere da parte l’orgoglio in una discussione, accettare “schemi operativi” diversi dai nostri, diventare un po’ più generosi e meno calcolatori.

 

Perché al contrario la mancanza di fiducia può spingerci a non essere sinceri. Se non mi fido di te, può accadere che per timore di non essere capito, per non deluderti, per non avere ulteriori problemi o discussioni, io decida di mentire, o mi venga più facile mentire, non necessariamente perché sto facendo qualcosa di male o di sbagliato, ma semplicemente perché penso che non capiresti o non approveresti o criticheresti quello che sto facendo.

Di fronte ad una bugia ricevuta, conviene domandarsi come mai il proprio partener non si sia sentito libero o legittimato a rivelare cosa stesse facendo se, in fondo, non rappresentava nulla di grave. Fidarsi dell’altro significa innanzitutto sentirsi liberi di essere se stessi di fronte al proprio compagno (o compagna) di vita.

 

Capita infine che la fiducia venga tradita, si sia persa. Ogni coppia può andare incontro a piccoli o grandi tradimenti, anche nelle cose della vita di tutti i giorni. È la delusione di scoprire che l’altro non è stato capace di aderire ad un impegno, a mantenere una promessa fatta. Questo è possibile, perché siamo imperfetti… ma un momento di debolezza, una disattenzione non significa che non si possa ripartire. Il confronto sincero, la richiesta e la disponibilità al perdono, il riconoscimento delle reciproche responsabilità sono le basi su cui cercare di ricostruire, di far guarire quella fiducia ferita; perdonare non vuol dire dimenticare: nella vita della coppia resterà la cicatrice causata dal tradimento, utile per ricordarci che siamo stati capaci di farci male a vicenda ma anche di guarire, di trovare soluzioni per superare quel brutto momento. Si sa che la pelle che ricopre una cicatrice è più resistente, non potrà rompersi di nuovo, proprio come l’impegno profuso per superare una prova difficile rende il legame di coppia più profondo e tenace di prima.

 

Del resto ognuno di noi sperimenta su di sé la grazia di essere perdonato, ogni giorno della vita, da Qualcuno che ci ama di un amore più grande di qualsiasi nostra debolezza. 

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