LA FAMIGLIA CHE DESIDERO
EDUCHIAMO LA FAMIGLIA è il titolo di questo appuntamento mensile, questo spazio di riflessione. La famiglia è stata oggetto in passato di tante critiche, mezzo secolo fa si auspicava la fine di quella che sembrava un’istituzione rigida e soffocante, retta solo da regole e convenzioni funzionali a mantenere un ordine sociale ormai superato.
Così si è sostituita a quella famiglia, antiquata, un altro modello di famiglia, più libera, con meno obblighi: quello di stare insieme tutta la vita, di avere figli, di essere fedeli a una sola persona, di avere un partner dell’altro sesso; come dire una famiglia senza confini, che però proprio per questo ha perso la sua identità. In teoria tutti avrebbero dovuto essere più felici, perché tutti potevano sentirsi liberi.
Però non è andata proprio così. Il desiderio, il bisogno di avere delle radici, di conoscere, cioè, l’origine della propria storia, il desiderio e il bisogno di appartenere a qualcuno, di avere qualcuno che mi accoglie e mi ama per quello che sono, il desiderio e il bisogno di sapere di non essere solo e abbandonato…insomma il desiderio di famiglia non si è affatto affievolito, anzi possiamo dire che questo desiderio è così vivo che laddove la famiglia manca, le persone cercano di creare legami e relazioni che possano assomigliarle e sostituirla.
Non siamo proprio fatti per vivere da noi stessi, esistiamo perché siamo in relazione con qualcun altro: penso a un bambino, che non sa darsi la vita da solo e neanche sa sopravvivere senza che qualcuno si prenda cura di lui. Per gli esseri umani la relazione con l’altro è vitale, una relazione che desideriamo, che ci piacerebbe tanto fosse un legame d’amore, così profondo da resistere a tutti gli incidenti della vita.
All’interno della famiglia ci sono ruoli diversi. Se sono un figlio, quello che posso fare per vivere bene la mia famiglia è godere dell’amore e dell’insegnamento dei genitori, imparando da loro lo stile con cui ci si relaziona, il sistema di valori a cui riferirsi, le verità in cui credere. Un figlio non può scegliere la sua famiglia, in qualche modo la subisce e ne viene influenzato nella vita adulta. La sua responsabilità nei confronti della salute e del benessere della sua famiglia, da nulle durante l’infanzia, diventano sempre maggiori via via che lui raggiunge maturità e autonomia, fino a che si distaccherà dalla famiglia d’origine per iniziare una esperienza di autonomia al di fuori di essa, in solitaria o in coppia.
In questo periodo incerto a causa della pandemia, sono pochi i fidanzati che scelgono di celebrare il matrimonio pur rinunciando ai tradizionali festeggiamenti; molti preferiscono attendere un ritorno alla normalità, per non rinunciare al contatto anche fisico con parenti e amici. Non mi sento di condannare questa scelta, che in un primo momento può sembrare un po’ superficiale; come dicevo prima la natura umana è fortemente relazionale, mantenere la distanza interpersonale di un metro dalle persone che amiamo può essere in alcune situazioni un grande sacrificio, e del resto la scelta di sposarsi e di iniziare il cammino di una nuova famiglia è forse la scelta più importante della vita.
Credo così tanto a questa cosa che, con mio marito, da tantissimo tempo ci occupiamo di accompagnare le giovani coppie che si preparano a celebrare il matrimonio e, ultimamente, insieme ad altre coppie di amici, realizziamo percorsi per sostenere le coppie di sposi nei primi anni del matrimonio; alcune riflessioni dei prossimi appuntamenti arrivano proprio da questa esperienza, che è successivamente diventata un libro.
Possiamo dire quindi che la famiglia, una nuova famiglia, inizia dalla coppia.
I primi anni di vita a due sono importanti, perché insieme all’entusiasmo dell’inizio e alle novità (pensiamo per esempio all’arrivo di un figlio), o forse proprio a causa di queste novità, a volte capita di incontrare delle difficoltà, degli scogli che mettono in pericolo la tenuta della coppia e il desiderio di continuare il cammino. Le statistiche infatti dicono che la maggior parte delle separazioni avvengono nei primi due anni di matrimonio.
Il pericolo maggiore per una nuova famiglia è forse quello di sentirsi abbandonata a se stessa.
Il bisogno di condividere le esperienze è comune, dicevo, un po’ a tutte le età, e infatti In molte realtà parrocchiali esistono gruppi famigliari in cui si ascolta la Parola, gruppi di preghiera, approfondimento di temi di interesse, gruppi che creano legami di amicizia e di aiuto. Per le coppie nuove, inserirsi in queste realtà già esistenti non è sempre facile, un po’ per la differenza di età e di esigenze, un po’ perché dobbiamo ammettere che quando un gruppo famigliare funziona bene ed è consolidato, dall’esterno può dare l’impressione di essere un po’ chiuso, non accogliente.
In più, i primi tempi del matrimonio sono anche un periodo di transizione in cui la coppia deve maturare un’identità nuova e a volte fatica a trovare una collocazione: siamo ancora nel gruppo giovani, dove ci sono i nostri amici? Posso entrare nel gruppo adulti dove ci sono anche gli amici di mamma e papà?
Di sicuro credo che per una giovane coppia sia importante potersi confrontare con altre coppie di coetanei, vicini per esperienza e quindi che facilmente possono capire stati d’animo, preoccupazioni e situazioni che mettono in crisi; nello stesso momento, proprio perché magari stanno vivendo o hanno vissuto le stesse esperienze, sono in grado di condividere pensieri e soluzioni che loro hanno maturato e sperimentato.
È però prezioso anche il confronto con qualcuno con più esperienza, che sappia collocare le problematiche dell’inizio in un’ottica più organica, dando loro una prospettiva più ampia. Avere esperienza di anni vissuti è come essere saliti per più gradini di una scala da cui, guardando dall’alto, si può avere una maggiore comprensione del paesaggio nel suo insieme. In questo modo, si sfuocano magari i particolari ma si comprende il senso del disegno generale, come quando si costruisce un puzzle e ci fermiamo a guardare una tesserina senza capire cosa rappresenta, poi la cosa diventa chiara quando invece è inserita al suo posto con tutte le altre tessere.
La guida e il riferimento per una giovane coppia sicuramente può essere rappresentata dalle famiglie di origine, ma spesso ciò non è facile, vuoi perché si può vivere in luoghi lontani, vuoi perché non sempre purtroppo i genitori sono ancora in vita, a volte perché le relazioni non sono così positive o gli argomenti sono troppo personali e manca la giusta obbiettività.
La nostra esperienza (mia e di mio marito e degli amici con cui lavoriamo) ci dice che occuparsi dell’accompagnamento dei giovani sposi è una reale necessità, soprattutto in questa nostra società così variegata e fluida, in cui sembra sia possibile tutto e il contrario di tutto, e in cui è così difficile trovare punti fermi e riferimenti.
Aiutare i giovani a credere nel loro amore, a nutrirlo e rafforzarlo ogni giorno, a guardare in faccia le sfide senza paura, perché le differenze si trasformino in risorse e le difficoltà in occasioni di crescita.
Educhiamo la famiglia: sono partita un po’ da lontano per dire che educare la famiglia è un compito di tutti, perché tutti gli adulti, per condizione, sono inevitabilmente educatori e hanno la responsabilità di essere credibili, hanno il compito di dare l’esempio non nel senso di proporsi come modelli infallibili da imitare (perderemmo subito la credibilità) ma di testimoniare, far vedere con la nostra vita che è possibile, anzi che è bello, vale la pena impegnarsi in un cammino coerente, verso il bello e il vero, un cammino inevitabilmente segnato da limiti ed errori, un cammino umano.
Questa è la famiglia che desidero: non la famiglia perfetta, ma quella pienamente, sinceramente, imperfettamente umana.
come descrivere questa esperienza relazionale fondamentale di cui non possiamo fare a meno?
come contribuire al benessere di chi la compone?
13.02.2021

