top of page
LA CASA SULLA ROCCIA

La riflessione che voglio proporre questa volta prende spunto dal brano di vangelo di Matteo (cap. 7, 24-26) in cui Gesù paragona chi ascolta e mette in pratica la sua parola ad un uomo saggio che costruisce la sua casa sulla roccia, cioè si poggia su fondamenta salde che sapranno resistere alle intemperie e all’usura del tempo. Questo concetto, molto vero a livello personale, si può riferire benissimo anche alla realtà della coppia e della famiglia.  

Oggi non intendo usare la METAFORA della casa per parlare della persona, mi riferisco proprio alla casa di mattoni, come luogo in cui viviamo.

L’immagine della casa in costruzione riferita al matrimonio è secondo me molto efficace ed evocativa. Intanto la casa ha tanti significati, tanti compiti, è lo spazio fisico necessario alla vita della coppia: il luogo in cui si abita, il recapito al quale si può essere raggiunti, l’ambito in cui si è padroni, in cui facciamo noi le regole anche in contrasto con tutto ciò che esiste fuori, nella società; è qui che si vive l’intimità e la quotidianità; è il luogo degli affetti e dell’appartenenza, il rifugio dai pericoli, uno spazio accogliente e protetto.

Quando percorriamo un centro abitato ci accorgiamo che ogni casa è differente, perché rispecchia le caratteristiche di chi la abita.

Anche le costruzioni omologate di un condominio, con uguale facciata, metratura e disposizione dei locali, all’interno sono uniche e originali, impossibili da replicare.

Inoltre, una casa non si forma da sola, occorre costruirla: essa nasce da un’idea, un desiderio o un bisogno che si trasforma in un progetto. La sua realizzazione necessita di spazio, tempo, materiali e competenza. Una volta costruita e abitata, la casa si lascia trasformare da chi ci vive, ma richiede attenzioni, manutenzione, cura. Col tempo occorrerà anche rimettere mano al progetto originale e attuare modifiche e ammodernamenti. Se abbandonata a se stessa, finirà per rovinarsi e diventare un rudere.

 

Adesso proviamo ad applicare queste osservazioni alla coppia…perché possiamo ben dire che essa, la famiglia, è un po’ un cantiere aperto: per sua natura, la relazione di coppia è dinamica, in evoluzione, mai uguale a se stessa, proprio come le persone che la compongono. Possiamo paragonare la sua storia alle fasi di costruzione e di vita di una casa.

 

Prima fase: L’idea

All’inizio di una storia d’amore, l’uomo e la donna vivono una specie di magia che stravolge la capacità di percepire l’altro nella sua realtà: è la fase dell’innamoramento, così preziosa e fondamentale perché permette alle persone di avvicinarsi, favorendo un reciproco sconfinamento negli spazi personali (sia fisici che affettivi) che solitamente ognuno protegge e nasconde agli altri. Dopo essersi dichiarati innamorati l’uno dell’altra, (prima no…è come se ci fosse un divisorio, come il plexiglass agli sportelli degli uffici pubblici, attraverso il quale io vedo l’altro ma non posso ancora entrare davvero in contatto) la neo coppia crea una intimità, un desiderio di condivisione, una vicinanza che appena prima sarebbe sembrata invadente e sgradita. Anche se non privo di incertezza, dubbi, ansie, il periodo dell’innamoramento è proprio segnato da una rinascita emotiva e da una forte spinta positiva e creativa; vede i partner impegnati a dare il meglio di sé, a riorganizzare pensieri, desideri e azioni che via via non potranno prescindere dalla presenza dell’altra persona. Meravigliati da questa novità, gli innamorati possono permettersi di liberare la fantasia e immaginare il futuro possibile.

 E parlando di fantasia, immaginazione, sogno, mi viene in mente che, comunemente, parlando di un’abitazione ideale, la si definisce “la casa dei propri sogni” come a caricarla di significati che vanno ben oltre l’aspetto architettonico…ma che parlano di felicità! E c’è anche il rischio che, a furia di immaginare la casa dei sogni, si finisca per “costruire castelli in aria”, cioè dimenticare gli aspetti più pratici e razionali della vita, perdere il contatto con la realtà.

Il periodo dell’innamoramento assomiglia a questa situazione: l’immagine della casa dei sogni e il desiderio di realizzarla sorge nella mente degli innamorati, felici e un po’ accecati l’uno dall’altra. È solo con il tempo, il progredire della conoscenza e l’approfondimento della relazione che l’idea può acquisire concretezza e diventare un progetto, cioè il proposito di realizzare qualcosa di concreto, di duraturo.

Bisogna dire che attualmente non è insolito incontrare coppie che restano a lungo in uno stato di provvisorietà, sospese nell’attesa di decidere se vale la pena imbarcarsi in un tale progetto, così impegnativo e, in un certo senso, limitante: perché scegliere un percorso una volta per tutte (come il matrimonio indissolubile) e investire in esso, implica in effetti la rinuncia o il ridimensionamento di tutti gli altri progetti possibili, un restringimento del ventaglio delle (apparentemente) infinite strade percorribili nella vita.

 

Arrivare a determinare una progettualità nella relazione di coppia, cioè a intravvedere la possibilità e il desiderio di un futuro insieme è già un passo importante, passo che tanti giovani non riescono o addirittura non intendono fare, forse paghi di quello che una relazione intensa e coinvolgente offre nell’immediato, o forse timorosi che un cambiamento di prospettiva possa rompere la magia, o scettici rispetto alla capacità dell’amore di durare nel tempo. A volte questa disposizione deriva da un onesto realismo: quanti giovani hanno sperimentato sulla loro pelle il fallimento delle relazioni dei loro genitori, famigliari e conoscenti? Cosa può dare loro la certezza che una storia stabile, solida, lunghissima, sia possibile?

La scelta tanto diffusa della convivenza ha le sue radici in questa indecisione e sfiducia di fondo: “vogliamo stare insieme, facciamolo finché dura, un passo alla volta, poi vedremo…” si dicono tante coppie, mentre magari il retropensiero costante è: “inutile illudersi…è probabile che non durerà”.

Anche quelle coppie che arrivano alla scelta matrimoniale con convinzione e senza compromessi vi giungono portando tutto il loro vissuto, che può includere esperienze di fallimento e ferite relazionali derivanti dalle famiglie d’origine o da precedenti relazioni; il percorso della coppia ne sarà comunque in qualche modo influenzato.

È innegabile però che il cuore dell’essere umano sia abitato dal desiderio di una felicità che sia in grado di persistere nel tempo, di durare per sempre. Non a caso, infatti, un po’ in contraddizione con quanto ho detto prima, in realtà la maggior parte delle convivenze vengono vissute come “prova” della tenuta della coppia in vista del matrimonio, che viene percepito come un rito di passaggio che completi la relazione, ne garantisca il riconoscimento anche a livello sociale e comunitario.

 

Arriviamo alla seconda fase: il progetto

Per costruire una casa, occorre scegliere il terreno e in esso gettare le fondamenta. Alcuni terreni sono facilmente edificabili, altri più impegnativi o addirittura ostili; l’ambiente circostante opera un’influenza non indifferente: alcune caratteristiche architettoniche delle abitazioni sono determinate dal clima e dalla conformazione del territorio su cui sorgono.

Come le case, le relazioni poggiano sul terreno costituito dal carattere, l’educazione ricevuta, il sistema di valori e le scelte dei due partner. Nel suo strutturarsi la coppia subisce, anche inconsapevolmente, l’influenza del contesto culturale e dei legami sociali che la circondano.

Il progetto di un edificio non può prescindere dalla conoscenza del terreno su cui si realizza: voler costruire in alta montagna un’abitazione adatta all’ambiente marino è una scelta priva di buon senso, costa molta più fatica e, con molta probabilità, non avrà una buona riuscita. Nello stesso modo, quando una coppia entra nella fase progettuale della relazione è molto importante conoscere i reciproci punti di forza per poterli valorizzare e sviluppare nella vita di coppia che si costruirà, ma nello stesso tempo riconoscere le fragilità e le differenze, che possono essere problematiche o fonte di dissapori; esse andranno accolte e affrontate, alla ricerca di un equilibrio positivo che non le alimenti inutilmente. L’amore è la capacità di guardare all’altro nella sua realtà e accoglierlo come un bene prezioso; allora l’infatuazione lascerà il posto alla conoscenza vera dell’amato, al suo sincero apprezzamento; contemporaneamente, chi ama acquista il coraggio e la serenità di mostrare la verità di se stesso senza paura di essere rifiutato o giudicato.

 

Purtroppo, non tutti i progetti di coppia nascono con una simile consapevolezza; l’illusione di un cambiamento possibile, la mancanza di confronto sulle reciproche aspettative, eventuali pressioni o condizionamenti dall’ambiente circostante possono far sì che il progetto di vita comune nasca in modo ambiguo, con qualche “difetto costruttivo” che non tarderà a farsi sentire in seguito. La conoscenza, l’accettazione e la valorizzazione reciproca sono quindi il terreno su cui costruire la casa comune.

Nel brano del Vangelo di Matteo Gesù indica la roccia come il terreno adatto per delle fondamenta solide, mentre la sabbia rappresenta una base inaffidabile e insicura. Se pensiamo a noi stessi come al terreno, possiamo immaginare che ognuno sia costituito tanto da una parte di roccia quanto in una di sabbia; i buoni aspetti caratteriali, le doti e le capacità personali rappresentano la prima, mentre la seconda corrisponde a difetti, mancanze e fragilità. Questi aspetti convivono in ogni persona, anzi la caratterizzano. Del resto, in natura spesso si trovano nel terreno roccioso piccole quantità di sabbia, portata dal lavorio incessante degli elementi; d’altro canto, se si scava sotto la sabbia, in profondità si ritrovano ancora degli strati di roccia: anche sotto alle nostre fragilità (che pur ci sono e con le quali conviviamo) c’è sempre qualcosa di solido a cui afferrarsi, su cui costruire.

 

Perché il progetto si trasformi in realtà, occorre affidarlo a un costruttore capace e fidato. La roccia indicata nel Vangelo come solida base su cui costruire è la Parola di Gesù: essa costituisce le fondamenta che garantiscono la tenuta della casa nel tempo. È in questo che, del resto, consiste il sacramento del matrimonio: affidare il cammino della famiglia al Signore, invitandolo a essere presente nel suo svolgersi quotidiano, nella consapevolezza che la fragilità umana da sola può non essere capace di realizzarlo. La Parola diventa la guida, il riferimento, il sostegno della vita matrimoniale.

Come ricorda papa Francesco nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, la grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto a “perfezionare l’amore dei coniugi”. Nelle scritture, l’inno alla carità di San Paolo (1Cor 13, 4-7) indica agli sposi le caratteristiche dell’amore coniugale: esso è fatto di pazienza, benevolenza, umiltà, gratuità, accoglienza, perdono, speranza, fiducia, capacità di sopportare le prove.  La preghiera dei coniugi, il loro affidamento all’amore misericordioso del Padre, l’allenamento a vivere la donazione e l’accoglienza reciproche permettono agli sposi di rendere solida e affidabile la loro relazione.

Ma, oltre a questa fonte viva, a chi altri affidano il loro progetto, i giovani sposi? I cristiani non sono immuni ai condizionamenti del mondo: in esso vivono, lavorano, partecipano alla sua costruzione, lo arricchiscono di nuovi figli. Il contesto storico-culturale in cui una persona vive non è irrilevante. Ognuno è figlio dei suoi tempi, e i nostri sono caratterizzati da una “società liquida”, per citare la famosa definizione di Bauman, perché sempre meno radicata nella sua storia e caratterizzata dal venir meno dei punti di riferimento sociali e valoriali. Le relazioni diventano spesso fluide, intrecciandosi e dissolvendosi con grande facilità. La rigidità con cui in passato si trasmetteva da una generazione all’altra l’insieme di riti e tradizioni che caratterizzavano i legami familiari è oggi improponibile.

La società in rapida trasformazione offre modelli e miti attraenti, ma vuoti: il benessere, la realizzazione professionale, la forma fisica, il soddisfacimento di bisogni e desideri in “tempo reale”, l’illusione di essere al centro dell’attenzione, pur nella solitudine. Nel contesto attuale, che esaspera la visione individualistica della vita, le persone sono portate a credere di essere libere se riescono a ottenere ciò che vogliono, meglio se senza fatica e in breve tempo; la società globalizzata, connessa e tecnologica, amplifica la gamma dei desideri e delle possibilità, che vengono rincorse freneticamente in un vortice che si autoalimenta.

Succede così, inevitabilmente, che il terreno buono e solido scelto per costruire la casa della vita di coppia si mescoli con quegli agenti esterni che sono il riflesso della società che, in qualche misura, condiziona tutti. Sarà la coppia che dovrà verificare che tali aspetti non siano predominanti o addirittura l’unica base su cui poggiare la propria casa in costruzione, perché col tempo il rischio di cedimenti strutturali potrebbe diventare pericolosamente elevato.

 

 

Finalmente inizia la fase in cui si abita la casa: la coppia si è costituita famiglia, le chiavi della casa sono state consegnate, l’avventura comincia.

I primi giorni in una casa nuova sono un po’ surreali, ci sono pochi punti di riferimento, qualcosa sembra provvisorio, qualcosa non si trova. Spesso ci vuole un po’ di tempo prima di sentirsi a casa propria, ci potrà anche essere qualche momento di sconforto e di nostalgia…addirittura di ripensamento.

Una casa nuova, così come una nuova famiglia, ha tutto il fascino della novità, ma manca di una sua fisionomia precisa. Essa si definirà via via col passare dei giorni. È proprio chi abita la casa che le dà vita: gli sposi sono i protagonisti e i modellatori della loro storia familiare; sarà la coppia, con la vita di ogni giorno, a dare all’abitazione quell’aria familiare e caratteristica, che col passare del tempo e delle frequentazioni diventerà riconoscibile da chiunque vi entri, dagli ospiti, dagli amici, dai vicini e dai familiari.

 

Nel passare dal progetto all’esperienza si può incontrare qualche intoppo. Ci vogliono tempo e pazienza per verificare che ciò che è stato previsto sulla carta corrisponda alla concretezza del reale. A volte qualche calcolo si dimostra impreciso, altre volte ci si accorge che al progetto manca qualcosa di essenziale, altre ancora alcuni ambienti, che in fase di progetto parevano fondamentali, rimangono a lungo inutilizzati. Una mia amica diceva che prima di comprare una casa si dovrebbe abitarci dentro per un po’, per verificare i difetti e capire meglio cosa ci serve davvero; a pensarci è quello che succede ad una coppia che sceglie di convivere per un po’ prima di sposarsi. L’esperienza però insegna che non funziona proprio così: in una casa che consideriamo transitoria, così come in una relazione che consideriamo “senza legami definitivi”, il mio livello di investimento (di impegno, emotivo, di messa in discussione) non si esprime al massimo potenziale come invece mi sento chiamato a fare quando so che da un certo punto non si torna indietro. Questo è secondo me uno dei motivi che rendono praticamente inutile il periodo della convivenza inteso come predittivo rispetto alla buona riuscita del matrimonio. Siamo proprio su due piani diversi.  Non a caso, i primissimi anni di vita coniugale sono quelli che mettono alla prova la tenuta della relazione: una sorta di collaudo, che purtroppo molte coppie non riescono a superare, sia che abbiano convissuto prima, sia che abitino per la prima volta sotto lo stesso tetto.

 La coppia, la famiglia, sono una realtà dinamica, in continua trasformazione: con il tempo e i cambiamenti ad esso legati anche lo spazio vitale e i ritmi della famiglia si modificano, adattandosi alle nuove esigenze (l’arrivo dei figli, modifiche nei ritmi di lavoro, nuovi interessi, rapporti con la famiglia allargata) e gli sposi saranno chiamati a trovare nuove idee e soluzioni per vivere al meglio le sfide che incontreranno sul loro cammino. Proprio come la casa in cui viviamo, che a seconda delle stagioni della vita, si adatta, si amplia, si ristruttura, si arricchisce di mobili che prima non c’erano, cambia la funzione di determinati ambienti: un locale che all’inizio viene destinato agli hobby può diventare la cameretta con l’arrivo dei figli fino a trasformarsi in occasionale camera per gli ospiti ecc.

Non solo la casa, come la famiglia, si trasforma in continuazione: per essere accogliente e funzionale, ha bisogno di continua manutenzione e, ogni tanto, di qualche intervento straordinario. Anche la relazione di coppia va continuamente alimentata e stimolata, perché non perda la sua vocazione originaria: essere la strada che guida i coniugi alla santità.

Difficilmente questo percorso sarà lineare; come in natura con le stagioni, anche per la famiglia possono alternarsi periodi sereni e rigidi, e anche stagioni di passaggio in cui è richiesto un maggiore sforzo di adattamento.

 

Inserisco qui un ultimo concetto che si richiama al brano di Matteo da cui deriva tutta questa riflessione. La casa, la famiglia, è collocata in un ambiente che interagisce con essa. Per essere solida e affidabile, per svolgere il suo ruolo essenziale, la casa deve essere in grado di resistere agli agenti esterni.

Nel brano del Vangelo di Matteo appunto si parla di diversi agenti atmosferici che si abbattono sulla casa; possiamo ipotizzare che siano quegli eventi che dall’esterno entrano a far parte della storia familiare senza che la coppia possa in qualche modo controllarli: sono imprevisti inevitabili, situazioni che non dipendono dalla volontà delle persone coinvolte.

Nella parabola della casa sulla roccia incontriamo tre categorie di intemperie: cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti. Provo a rileggere queste tre categorie per adattarle alla vita famigliare

-Cadde la pioggia: che pare indicare le piccole difficoltà della vita quotidiana, ovvero un vicino poco simpatico, la fatica dei ritmi giornalieri, le incombenze non gradite. Sono le difficoltà prevedibili, come è ragionevole prevedere che il sole non possa splendere ogni giorno. Le soluzioni sono perlopiù pratiche, dettate dal buon senso, dall’esperienza, dalla capacità di adattamento (se piove, ci si ripara con l’ombrello e si limitano le attività all’aperto). È vero però che anche la somma di tante piccole fatiche perpetuate nel tempo può diventare sfibrante e fonte di grande sofferenza, proprio come la pioggia battente alla lunga provoca infiltrazioni che, se non sanate, porteranno a danni seri. Occorre allora operare delle strategie a salvaguardia della relazione tra gli sposi e del benessere della famiglia, che giustamente hanno la priorità su tutto il resto. Non è sempre facile trovare queste soluzioni, e soprattutto mantenere l’equilibrio tra le esigenze e i desideri dei vari componenti della famiglia, non cedere al proprio egoismo a scapito del benessere dell’altro. Ma la famiglia è quella istituzione naturale così fondamentale e necessaria ad ognuno proprio perché all’interno di essa trovo rifugio, mi sento tutelato, sono al sicuro; proprio come al riparo nella mia casa calda e affidabile che mi ripara dalla pioggia

-Strariparono i fiumi: sembra far riferimento a quelle calamità che permettono di prepararsi perché sono anticipate da segnali riconoscibili: anche se non si possono evitare, ci si può organizzare per fronteggiarle e limitare i danni, come quando si sbarrano porte e finestre in attesa dell’uragano o si controlla l’impianto di riscaldamento sapendo dell’arrivo di un’ondata di freddo. In tali situazioni è di grande aiuto il confronto con chi ha vissuto esperienze simili in precedenza e il sostegno della comunità. È il caso della difficoltà di accompagnare i figli nella loro crescita, di assistere i genitori ormai anziani o la previsione di un periodo di ristrettezze economiche. Per poter affrontare tali intemperie senza esserne travolti occorre mantenersi vigili e avere uno sguardo attento, che sappia accorgersi dei cambiamenti e leggerli in prospettiva. Come a dire che il matrimonio necessita di una cura e un impegno costanti, anche nel mantenere uno sguardo attento a ciò che succede intorno a noi, nel mondo, nella società.

-Soffiarono i venti: il vento è imprevedibile, può alzarsi all’improvviso e soffiare dove vuole. La sua furia scoperchia i tetti e sradica gli alberi. Rappresenta quegli eventi inaspettati che sconvolgono chi ne è colpito (una malattia, un lutto, un tradimento, la perdita del lavoro). Tali eventi improvvisi e drammatici lasciano confusi e disorientati; c’è bisogno di un po’ di tempo per riprendersi e verificare i danni, proprio come succede dopo una bufera. Sono queste le situazioni in cui le fondamenta del rapporto di coppia sono messe a dura prova. Il modo con cui gli sposi le affronteranno lascerà il segno nella relazione, che ne uscirà con qualche ferita ma anche fortificata dalle difficoltà superate. A volte queste prove scandiscono la memoria famigliare: il tempo si divide tra prima e dopo quell’evento che ha trasformato la fisionomia famigliare e la vita dei suoi componenti. Capita di farne memoria, di ripeterne il racconto, di rivivere le emozioni suscitate allora.

 

Resistere alle avversità richiede coraggio, perseveranza, fede, capacità di chiedere aiuto. Le case che più facilmente vengono risparmiate da un terremoto, ad esempio, sono quelle che sanno oscillare senza spezzarsi; non troppo rigide, sono capaci di assecondare l’andamento del sisma che le scuote e riescono a non crollare.

Resilienza è il termine che si usa per indicare la capacità di rialzarsi dopo una caduta e ricominciare. La coppia è chiamata a essere resiliente, capace di resistere all’onda d’urto e poi tornare al suo posto, riparare i danni e ripartire.

A volte però è troppo difficile…a volte il terremoto arriva senza farsi annunciare, a una intensità a cui non è possibile resistere. La casa può danneggiarsi gravemente e persino crollare. Lo sappiamo, purtroppo le cronache ci mostrano spesso questi scenari desolanti e dolorosi in cui ciò che resta sono solo macerie.

Questo però non significa che non si possa ricostruire.

Se anche della struttura esterna resta poco o niente, il progetto originario si può recuperare: con esso si può ricostruire sulle macerie, magari apportando modifiche e migliorie suggerite dal dramma appena accaduto. Come gli edifici, la coppia può ricostruirsi, rinnovando con una maturata consapevolezza il patto che hanno stretto tempo prima. Il desiderio e la forza per ricostruire nascono dalla fede nella bontà, nella verità della scelta iniziale, e anche dalla percezione che tutto quanto costruito in passato ha un grande valore, è stato frutto di impegno, fatica, anche sacrificio. La nostra fragilità a volte non riesce a sopravvivere al cataclisma, anche di questo siamo spesso testimoni. Il “per sempre” a cui gli sposi si impegnano è forse il dono più importante che Dio fa loro, è la certezza della sua presenza e il sostegno per ricominciare quando tutto sembra perduto.

Purtroppo ci sono momenti, situazioni, condizioni in cui questa fede viene meno, la speranza si spegne, il dolore è troppo forte, l’impegno troppo oneroso. Ci arrendiamo, scappiamo, restiamo attoniti, ci sentiamo vinti. Fa parte della nostra fragilità, del nostro limite dimenticarci o rompere le promesse.

La cosa grande è che Dio invece ci resta fedele, in attesa, pronto a sostenerci per ricominciare.

di che cosa è costituita la roccia su cui fondo la mia casa? cosa rende saldo il nostro rapporto di coppia?

07.10-12.11.2022

chiarasolcia.it, radio, chiara solcia, la casa sulla roccia, educhiamo la famiglia, casa, costruire, per sempre, fede, fedeltà, amore, coppia, corpo, matrimonio
bottom of page