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LA BELLEZZA CHE CI SALVA

Mentre i giorni scorsi mi sentivo smarrita e confusa a causa delle notizie di guerra che rimbalzano dai vari canali di comunicazione, mi è venuto un grande desiderio di parlare della bellezza, quella bellezza che è l’opposto di tutte le immagini tristi e orribili che si vedono in televisione e di cui si sente parlare alla radio in questi giorni.

Parlare di bellezza perché naturalmente è un argomento che ci fa sorridere, cosi come naturalmente vorremmo scappare da tutto ciò che è brutto, proprio come vediamo fare a quelle migliaia di persone che disperate scappano dalle loro case, scappano dall’orrore della guerra. Mentre parlo mi accorgo che istintivamente tengo unito il concetto di bruttezza e l’emozione della paura, mentre mi viene spontaneo collegare la bellezza alla gioia, o per lo meno alla serenità.

E siccome naturalmente desideriamo il benessere, la felicità, così potremmo dire che ricerchiamo la bellezza e fuggiamo il brutto, che ci disturba e ci fa soffrire.

Tempo fa avevo parlato del piacere e trovo che piacere e bellezza siano molto collegati tra loro, infatti dico che mi piace qualcosa quando lo trovo bello; questo “trovare il bello” nelle cose ha anche una valenza fortemente soggettiva: ricordate il proverbio “non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace”?

Mi accorgo ora che questo argomento, che mi pareva abbastanza semplice, presenta tanti risvolti e che si può parlare di bellezza in tanti contesti diversi.

Scelgo allora di fare una riflessione più generale, stimolata appunto dal momento che stiamo vivendo e considerando la bellezza come concetto astratto, che poi si incarna nel nostro vivere quotidiano, nelle scelte e nei comportamenti.

In seconda battuta poi forse riusciremo a fare un approfondimento più specifico sulla bellezza intesa come modo di apparire, di porsi nei confronti degli altri…più legata cioè all’ambito personale, educativo e famigliare, che è quello un po’ più specifico di questo spazio di riflessione.

 

Come si può parlare di bellezza? Non avendo un retroterra di studi filosofici, storici…insomma, avendo una cultura piuttosto basic, mi lascio guidare e suggestionare da alcuni spunti presi da libri, film, frasi che ho sentito e, più che trovare certezze, finirò per farmi delle domande!

Possiamo dire che abbiamo dentro il desiderio di incontrare la bellezza? Direi di sì, visto il patrimonio artistico che arricchisce l’umanità. Direi anzi che abbiamo il desiderio di trovarla, di guardarla, e anche la spinta interiore ad esprimerla, la bellezza: cioè a dare una forma, che possano vedere anche gli altri, a ciò che fa parte del mio pensiero, del mio sentire, anche della mia sofferenza, a ciò che mi muove da dentro, a ciò che sono: bellezza da esprimere e bellezza da ammirare. Inizio quindi a fare il collegamento tra arte e bellezza: l’arte, espressione del suo autore, viene apprezzata da chi la guarda, come a dire che la bellezza è esprimere se stessi sinceramente, originalmente.

Anni fa ho letto un libro che si intitola MENDICANTI DI BELLEZZA che raccoglie uno scambio di lettere tra una suora di clausura e un giornalista non credente su alcuni quadri famosi. Osservandoli, gli autori del libro riuscivano a ritrovare tutta l’umanità degli artisti che li avevano creati, e condividevano riflessioni che riguardavano la propria vita, la vita di persone incontrate. La bellezza dell’opera d’arte è nella sua capacità di farci percepire ciò che viene espresso come parte della nostra esperienza. Sentiamo che quell’opera, quel quadro, quella scultura dice qualcosa di vero a noi, su di noi, ci parla della nostra vita, della vita delle persone che abbiamo intorno, che amiamo, ci dice perciò la verità sul mondo.

È forse per questo che le opere d’arte vengono mostrate nei musei? Esposte nelle piazze? È per questo che andiamo a visitare le città d’arte? Per imparare qualcosa su di noi, per vedere i nostri pensieri e le nostre emozioni rappresentate da qualcun altro, capace di dare loro forma? Per sentirci parte della storia di una umanità che non smette di interrogarsi e di ricercare?

Mi piace l’idea che la bellezza creata da altri mi aiuta a capire chi sono, e ammirarla mi fa stare bene, in pace con me stessa!

Forse allora sarà per questo che ci sentiamo sconvolti e indignati quando vediamo che vengono distrutte delle opere d’arte, bruciati i libri, squarciate le tele? Perché sentiamo di perdere qualcosa di cui facciamo parte? La bellezza creativa e espressiva dell’umanità? Non so se è così, ma mi viene in mente che la guerra, o ciò che la precede, ma anche la vittoria che ne segue, è costellata da episodi di distruzione di opere d’arte. Mi viene in mente quella dei Buddha di Bamiyan, le due enormi statue in Afghanistan ad opera dei talebani ormai vent’anni fa. Mi viene in mente anche di aver visto statue e monumenti fasciati alla bell’e meglio nelle piazze delle città ucraine per proteggerle dalle bombe: persone che desiderano salvare, oltre la propria vita e le proprie case, anche ciò che rende bella e unica la propria città, i segni della loro storia e della loro cultura.

Per tornare al titolo del libro a cui mi riferivo prima, è vero: tutti siamo mendicanti di bellezza, speriamo di trovarla nei nostri gesti, nei volti delle persone che incontriamo, nelle cose che usiamo, nei luoghi che visitiamo o che abitiamo, come se sentissimo che essere circondati da cose belle ci fa stare meglio, ci fa essere migliori.

Prima conclusione quindi, primo augurio: non smettiamo mai di cercare la bellezza, perché si nasconde in ogni piega della vita, a volte ne basta solo un piccolo bagliore per illuminare i luoghi e le esperienze più buie.

 

Un passaggio che mi viene naturale fare è quello dall’arte alla natura, il creato: qui la bellezza è ovunque. Ammirare la natura, guardarla con stupore e meravigliarsi della perfezione con cui sono fatte le foglie, i fiori, i paesaggi, il tramonto, le stelle, gli animali. Il mondo è stato creato con maestria e con gusto squisito, in questo bisogna riconoscere che Dio è il più grande degli architetti e il più creativo dei designer.

Mi pare che percepire la bellezza della natura sia un’esperienza immediata e universale, non ha bisogno di conoscenze specifiche per essere apprezzata, si svela da sé, è capace di tramortire dal tanto che può essere intensa (da togliere il fiato, si dice, parlando di una veduta) e mi viene in mente l’emozione che provo, io che vivo in pianura, quando in un giorno sereno vedo in lontananza le cime delle alpi innevate: ogni volta stupore e gioia!

Mi colpisce per esempio come nel Cantico dei Cantici, i cui protagonisti sono due innamorati, per descrivere la bellezza dell’uno e dell’altra si usano tantissimi paragoni con alberi, fiori, animali ed altri elementi naturali; la natura quindi come modello di bellezza a cui paragonare tutto il resto.

Altra conclusione, la seconda: la bellezza più semplice, più immediata, non è artificiale né artificiosa, esiste di per sé, è appunto connaturata, è anche dentro di noi, che facciamo parte del creato: riusciamo a scorgerla? Riusciamo a farla emergere, tanto che possano scorgerla anche gli altri?

 

E così arrivo ad un altro livello di riflessione che mette in relazione la bellezza con il bene.

Parto anche qui da un romanzo: IL RITRATTO DI DORIAN GRAY di Oscar Wilde. Nella storia, il volto dipinto del protagonista si imbruttisce via via che egli compie atti sempre più meschini e cattivi, tanto da diventare inguardabile e Dorian non riuscirà più neanche ad apprezzare la bellezza che è rimasta intatta sul suo viso ma che sa essere fasulla. Diventiamo o siamo brutti, quindi, come conseguenza del male che facciamo? O anche del male che vediamo? Guardare il male, guardare cose brutte, essere circondato dalla bruttezza, mi imbruttisce? Adesso che ci penso, con i bambini si usa dire così quando fanno qualcosa di sbagliato: brutto! Lo dicono anche loro alla mamma che non li accontenta, cioè che dal loro punto di vista fa male: brutta! E la mamma in cuor suo ci resta male, perché vorrebbe che suo figlio la vedesse bella, di quella bellezza che nasce dall’amore e dal cercare di fare il possibile per il suo bene, perché è vero, il bene genera la bellezza!

Forse quando vediamo il bene che c’è in qualcuno o in qualcosa, allora più facilmente ne cogliamo la bellezza; nel film TATA MATILDA questo personaggio appare brutto e spaventoso all’inizio, ma via via che i bambini a lei affidati imparano a comportarsi bene, secondo un codice corretto e rispettoso, e non per un suo capriccio, lei si abbellisce sempre di più ed è sempre più apprezzata.

Di questo facciamo anche noi spesso esperienza: più conosco una persona, più mi rendo conto di quanto era sbagliata la prima impressione, che si sofferma magari su quelli che sembrano difetti o stranezze. La conoscenza più approfondita fa emergere un apprezzamento più reale e mette in secondo piano le caratteristiche superficiali, o forse le inserisce in un contesto più ampio in cui si ridimensionano.

Quindi, un’altra conclusione: per apprezzare la bellezza delle cose e delle persone abbiamo bisogno di tempo, il tempo di fermarci e osservare, ammirare.

 

Torniamo a Dorian Gray per aggiungere un altro tassello: sconvolto, distruggerà il quadro che gli sta dicendo la verità su se stesso perché capisce che la bellezza del suo viso è solo una maschera, non corrisponde a ciò che è diventato, e questa cosa è insopportabile. Mi chiedo allora qual è il collegamento tra bellezza e verità?

In un film piuttosto inquietante di Almodovar, LA PELLE IN CUI ABITO, un chirurgo plastico aveva “ricreato” una donna seguendo il suo ideale di bellezza, ma alla fine lei si è ribellata drammaticamente per poter esprimere la sua vera identità. Come dire: la bellezza di una persona deve essere abitata dalla sua essenza, la bellezza è un tutt’uno con la persona.

A questo punto mi viene di fare un affondo più legato a una realtà che conosciamo bene: penso a tutte le persone, spesso donne che lavorano nello spettacolo e nell’intrattenimento, che si sottopongono alla chirurgia plastica, all’inseguimento di una giovinezza ormai passata o di un ideale di bellezza stereotipato e finiscono per diventare tutte simili, un po’ intercambiabili, a volte irriconoscibili se paragonate a loro stesse così com’erano “al naturale”.

Azzardo allora questa ipotesi: ciò che sono al naturale rappresenta la verità su me stessa, e la verità, tra le altre cose, è che siamo tutti diversi, unici. La vera bellezza è il fatto che solo io sono così! Di una cosa riconosco la bellezza perché non è riproducibile, è unica: un quadro, il tramonto, il visetto del mio bambino; se per diventare più bella (artificialmente) intervengo sulla mia unicità, sulla mia verità, corro il rischio di perdere una parte peculiare di me stessa e di diventare simile a tutte le altre persone che si sono sottoposte allo stesso trattamento.

 

Con questa osservazione concludo la riflessione in generale sulla bellezza e passo ai risvolti più educativi, ricavati dal lavoro con i ragazzi, con le ragazze in particolare.

In effetti le donne “sentono” su di sé il problema della bellezza in modo particolare: gli stereotipi, i modelli di bellezza femminile rischiano di far sentire le donne, le ragazze, spesso inadeguate, imperfette, sfortunate, bisognose appunto di quei “ritocchini” che mi avvicinano all’ideale di moda in questo o quel momento; il rischio è quello di “voler diventare come…” invece di coltivare la mia bellezza personale, originale, per farla emergere al meglio.

Come possiamo quindi aiutare i ragazzi, o le ragazze in particolare, a sentirsi belli? A desiderare la bellezza in modo sano? A ricercarla per migliorare se stessi e il mondo intorno?

Intanto una cosa importante è indicare loro dov’è, fargliela scorgere, fargliela guardare, far sì che si accorgano di quanta bellezza li circonda: quando trovo la bellezza non riesco a non ammirarla, e quando ammiro, gli occhi si dilatano, la pelle si distende, il sorriso mi rasserena, inspiro più profondamente e mi ossigeno meglio: guardare bellezza mi fa diventare bello, ricordate?

Possiamo anche dire che è vero il contrario: quando guardo una cosa brutta, sul mio volto ci sono delle smorfie, gli occhi si socchiudono, la fronte si aggrotta, la bocca si storce: non un bello spettacolo da vedere allo specchio!

Quindi il primo passo sarà, per quanto dipende da me, scegliere il bello invece del brutto. È ovvio che sto parlando di contesti in cui posso scegliere a che tipo di messaggi espormi, non voglio dire che dobbiamo chiudere gli occhi per non riconoscere che esistono cose brutte! Ma se per esempio passo metà del mio tempo libero a guardare video, film o videogiochi, ci sarà differenza se questi mi veicolano solo messaggi brutti e paurosi o invece al contrario positivi, rasserenanti? Quindi educare anche a riconoscere cosa mi appesantisce, mi imbruttisce, per cercare per quanto possibile di limitarlo.

C’è un altro aspetto importante che riguarda questo argomento, che mi rendo conto ho affrontato in modo molto poco organico, saltando un po’ di palo in frasca: per vedere se sono bella devo specchiarmi. In senso metaforico, lo specchio sono gli altri, chi mi guarda. È l’altro, la sua reazione alla mia vista, il suo atteggiamento, il suo commento, che mi conferma o disconferma l’idea che mi sono fatto su di me, sul mio essere più o meno bello. Noi siamo in realtà sensibili al giudizio degli altri, ci interessa! Poi, a seconda del nostro carattere, dell’autostima, delle convinzioni che abbiamo maturato, siamo in grado di lasciarcene più o meno influenzare.

Come tanti altri aspetti di noi, la capacità di non essere troppo influenzabili dall’esterno dipende anche da ciò che abbiamo vissuto in famiglia, da quanto questa ci è stata di supporto nella costruzione di una personalità equilibrata.  Quindi anche riconoscerci “sufficientemente belli” o perlomeno accettarci per quello che siamo, imperfetti ma veri, non oppressi dal “dover essere come…” o dalla paura di “non essere bello come…” ha le radici nella famiglia.

E nella famiglia, è soprattutto lo sguardo del padre che dà sicurezza rispetto alla propria bellezza.

Perché diamo per assodato che lo sguardo della madre è benevolo (infatti si dice, impietosamente, che ogni scarafone è bello a mamma sua!). Lo sguardo della madre ci dice che, qualsiasi cosa accada, il suo amore non ci mancherà mai, lei è sempre dalla nostra parte.

Lo sguardo del padre invece ci dice che abbiamo un valore, l’approvazione del padre ci dà valore. Direi che questo sguardo viene ricercato e atteso in maniera diversa dai figli maschi o femmine: con una sfumatura vagamente freudiana, mi viene da dire che, relativamente alla bellezza, un bambino, un maschio, tende a mostrarsi al papà, a richiamarne lo sguardo per ricevere il segnale di essere degno, di essere all’altezza di ciò che il padre si aspetta da lui…insomma per poter entrare nel club degli uomini. Questo atteggiamento ce l’avrà poi anche nelle relazioni coi pari: fare un po’ in galletto, mettersi alla prova perché gli altri/le altre si accorgano di quanto sono bello, di quanto valgo e mi scelgano!

La bambina invece, percepisce di essere bella, di avere un valore, perché il suo papà glielo dice, glielo dimostra: la tratta come una principessa, le rimanda l’idea che lei è preziosa, importante. Una ragazza ha bisogno di sentirselo dire da un uomo, che è bella, sennò non ci crederà mai, da un uomo che la ama e glielo dice sinceramente, come ha fatto il suo papà. Il rischio per una ragazza è credere che verrà apprezzata, accolta, scelta solo se corrisponde ai modelli estetici o di comportamento che presume piacciano agli altri; quindi mi vesto o mi trucco o voglio il naso così, non tanto perché è il modo per esprimere al meglio chi sono, ma perché così è più facile che piaccia agli altri.

Ovviamente ho molto semplificato e generalizzato, ma forse qualcuno può facilmente riconoscere alcuni di questi aspetti, o se siamo genitori possiamo riflettere su come aiutare i nostri figli a accogliere e valorizzare la bellezza che è in loro e che si esprime in ognuno in modo originale.

 

La riflessione sulla bellezza potrebbe continuare e dirigersi verso tanti altri approfondimenti, magari potremo anche tornarci in una prossima occasione, chissà. Per ora mi fermerei qui e concludo con un’ultima riflessione, suscitata da un altro libro, L’IDIOTA di Dostoevskij, in cui il protagonista afferma che “la bellezza salverà il mondo”. È una frase molto celebre che può essere interpretata in mille modi, a me piace darle questo significato: sappiamo che il mondo è imperfetto, ci sono tante cose brutte, le ingiustizie, c’è il male che vediamo intorno a noi, e che sappiamo essere anche dentro di noi. Ma finché il nostro desiderio è verso la bellezza, se la cerchiamo anche quando è nascosta, e la facciamo emergere anche nelle piccole cose, contribuiamo alla salvezza, cioè al bene per noi e per gli altri, per il mondo. Tra l’altro, sarà un caso? L’autore de L’idiota è russo, e in russo mondo si dice myr, che significa anche pace: alla fine, tutto torna.

dove trovo la bellezza nella mia vita?

12.03.2022

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