DIFENDERE L'AMORE DALL'EGOISMO
Ormai l’autunno è inoltrato, e da poco abbiamo celebrato la festa dei Santi. Per preparare l’intervento di oggi mi sono lasciata ispirare da questa ricorrenza, molto sentita, anche perché subito è seguita dalla commemorazione dei defunti, di tutte le persone care che ci precedono in paradiso. Di essi ci piace ricordare, con affetto e con malinconia, le caratteristiche, le doti, le virtù.
Tra i defunti, alcuni sono riconosciuti e proclamati santi proprio perché si riconosce il loro impegno nel vivere e coltivare le virtù.
Ma cosa sono le virtù? Mi lascio istruire dal catechismo della Chiesa Cattolica che le spiega così:
La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete: « Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio ».81 San Gregorio di Nissa
Infatti vengono chiamati santi coloro che, in tanti modi differenti e con originalità, hanno mostrato come realizzare il Vangelo con la propria vita. Quindi i santi per noi sono un po’ come dei maestri…maestri di virtù.
Le virtù sono tante, e si possono raggruppare in quattro “squadre”, capitanate ognuna da una virtù cardinale (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza).
In un altro passo il catechismo dice che
Le virtù umane sono disposizioni stabili dell'intelligenza e della volontà, che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e indirizzano la nostra condotta in conformità alla ragione e alla fede.
E ancora
Le virtù morali crescono per mezzo dell'educazione, di atti deliberati e della perseveranza nello sforzo
C’è quindi l’dea che le virtù siano qualcosa di attivo, a cui ci educhiamo; possiamo allenarci per farle crescere e lasciarci guidare da loro nelle scelte e nelle azioni.
Le virtù allora ci aiutano a vivere una vita più umana, più piena, più libera.
Tornando all’ambito in cui opero, cioè quello dell’educazione della sessualità e affettività, mi sono chiesta: quali virtù aiutano a vivere in modo pienamente umano questi aspetti della vita? Se pensiamo alle virtù cardinali, scegliamo la temperanza, cioè la disposizione a non eccedere e a non lasciarsi sopraffare dalle passioni e dagli impulsi, la capacità quindi di dirigere e governare le nostre spinte interne nella direzione del nostro bene. La temperanza è la virtù di non esagerare, di usare la giusta misura, di agire con buon senso…che bella virtù!
Dalla temperanza deriva un’altra virtù, piuttosto specifica rispetto al discorso sulla sessualità: la virtù della castità. Molte persone (specialmente i giovani) quando sentono questa parola arricciano il naso, roteano gli occhi e prendono le distanze, perché questa è una parola che riguarda i preti e le suore…confondendo la castità con il voto del celibato, che prevede l’astensione dai rapporti sessuali. C’è bisogno di un po’ di chiarezza: logicamente, le virtù (come indicate dalla tradizione cristiana) non sono prerogativa di alcune categorie di persone, mentre altre ne sono escluse, proprio perché sono via di santità, che a nessuno è preclusa.
Tutti quindi sono chiamati alla castità.
Cosa ci insegna questa virtù? A esprimere l’amore attraverso gesti adeguati al momento e al senso di ciò che viviamo, gesti che ci facciano sentire a nostro agio, che non offendano o strumentalizzino l’altro, ma neanche me stesso.
La castità non è impedirci di fare qualcosa che ci piace ma è vietato: è riconoscere che c’è un tempo giusto per ogni cosa e per qualcosa quel tempo non è ancora arrivato.
Con una definizione che mi piace molto, don Mario Spezzibottiani diceva che “la castità è la forza spirituale che sa difendere l’amore dall’egoismo”. Essa aiuta a rispettare il significato intrinseco della gestualità sessuale, significato che è scritto nel cuore delle persone, ma che può essere travisato, distorto, negato, proprio perché l’essere umano è dotato di libertà e volontà, e può scegliere di fare il contrario di ciò che sa essere giusto.
Allora come posso fare per vivere la castità, cioè come posso capire se i gesti che compio esprimono amore o egoismo?
A me piace dire che un gesto d’amore lo riconosciamo perché risponde a cinque particolari criteri: è libero, sincero, gratuito, fecondo, responsabile.
Ovviamente faccio corrispondere a questi aggettivi altrettante metafore. Guardiamo queste cinque caratteristiche una alla volta:
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Libero (GABBIA): significa che è frutto di una scelta; il gesto d’amore non può essere preteso, non può essere forzato. Nasce come desiderio spontaneo, poi la ragione sceglie di attuarlo (oppure no) in armonia con l’altra persona e nel rispetto della reciproca volontà. Quando parlo alle ragazze sottolineo il diritto di dire NO a qualcosa che non voglio, che mi mette in imbarazzo, per cui non mi sento pronta o anche perché non mi sembra il momento adatto. La “voglia” o l’“occasione” non possono essere gli unici criteri per l’agire sessuale: in riferimento alla famosa casa a tre piani, che ho illustrato in passato, il ben-essere, cioè il vivere bene le esperienze, è dato dall’armonia di corpo (pulsioni), emozioni, intelligenza e volontà.
L’immagine della gabbia aperta (lasciar libero) dà l’occasione di ricordare che le emozioni e i sentimenti non si decidono, ma capitano: non posso obbligarti ad essere innamorato di me, a desiderarmi; anche rispetto ai sentimenti che provo, non posso obbligarmi a non provarli, ma posso scegliere se coltivarli o lasciarli da parte, in modo che svaniscano. Allora posso pensare alla FEDELTÀ come scelta di non “cogliere nuove occasioni”, cioè di non coltivare quelle emozioni che altri mi possono suscitare, indipendentemente dalla mia volontà (sarebbe troppo ingenuo pensare che le coppie che restano fedeli, ci riescano solo perché non hanno avuto altre occasioni…). Un’ultima sollecitazione dalla metafora della gabbia: parliamo della gabbia aperta, perché il desiderio di chiuderla, di chiuderci dentro l’altro, è la gelosia, cioè la paura che l’altro mi venga rubato o possa trovare più interessante qualcun altro. La gelosia si può combattere non sorvegliando l’altro ma accrescendo la fiducia in lui (che mi ha scelto e avrà avuto i suoi buoni motivi) e nel reciproco amore.
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Sincero (SPECCHIO): perché riflette quello che c’è, non mente. Il gesto d’amore è sincero perché esprime il sentimento che lo ispira, non tradisce il suo significato intrinseco; faccio un esempio-naturalmente dare un bacio esprime amore, affetto (pensiamo anche ai baci che il bambino dà alla mamma). C’è un caso in cui questo gesto è stato usato con lo scopo opposto, il tradimento, ed è diventato proverbiale: mi riferisco al bacio che Giuda ha dato a Gesù per farlo arrestare, gesto risultato così disgustoso e ignobile che ancora adesso si usa per indicare insincerità, viltà.
Se invece pensiamo al rapporto sessuale, il suo significato intrinseco è il dono totale di sé e l’accoglienza totale del Tu, insieme ad essere il luogo della generazione dei figli. Quindi ti do tutta me stessa, coi miei pregi e i miei limiti, e accolgo tutto te stesso, con i tuoi pregi e i tuoi limiti, mentre ci manteniamo aperti all’accoglienza del figlio.
Con questa metafora è facile spiegare come i tentativi di separare volontariamente l’aspetto unitivo da quello procreativo ostacolano la possibilità di realizzare in pienezza l’unione sessuale. Per questo, piuttosto della contraccezione, la Chiesa preferisce la regolazione naturale della fertilità, che non impedisce la fecondazione o la gestazione ma permette alla coppia di usufruire della naturale alternanza di fertilità e sterilità per scegliere quando mettersi consapevolmente a disposizione per una nuova vita. Per lo stesso motivo, la Chiesa è critica rispetto alla fecondazione artificiale, che prevede la fecondazione al di fuori dell’atto unitivo.
Per quanto invece riguarda il dono totale di sé, TUTTO vuol dire PER SEMPRE… Ecco perché il luogo privilegiato del rapporto sessuale, l’ambito in cui esso si realizza pienamente, è il matrimonio, promessa definitiva! Al di fuori di esso (prima, con altre persone) i rapporti coniugali mancano di questo elemento essenziale; per questo la castità dei fidanzati prevede l’astensione dei rapporti fino al matrimonio, nell’attesa di vivere questo gesto nella sua pienezza. È una scelta molto poco di moda, ma ugualmente vale la pena di proporla, perché non per questo è meno vera.
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Gratuito (FIORI): il gesto d’amore non si contratta, non chiede nulla in cambio, non ha un secondo fine, viene donato per generare gioia. Ogni calcolo è fuori luogo. Mi viene da citare il Vangelo di Luca (Lc 6,38) “Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”. Questo secondo me è un criterio significativo: la gestualità sessuale dà piacere a chi la agisce, ma è importante che il piacere previsto, atteso, non sia lo scopo principale dell’agire, perché in questo modo è facile cedere alla strumentalizzazione dell’altro e anche reciproca.
Uso la metafora del mazzo di fiori perché i fiori solitamente si regalano, e riceverli fa sempre piacere.
Sottolineo la differenza tra il termine GRATIS, che non si paga, e GRATUITO, così prezioso che non si può comprare, non ha prezzo quindi posso solo riceverlo in regalo, posso solo regalarlo.
Donare significa anche il suo contrario, saper rinunciare. A patto che la logica del sacrificio non sia mai fine a se stessa ma a servizio di un bene più grande, che merita, per cui valga la pena attendere.
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Fecondo (CESTO DI FRUTTA): l’amore porta frutti, origina vita. I frutti però rappresentano qualcosa che non dipende da noi, sono delle conseguenze.
Tornando alla metafora della frutta, ci insegna una cosa importante: io posso piantare un albero da frutta, coltivarlo, curarlo, proteggerlo e concimarlo, ma non posso obbligarlo a fare i frutti, non posso chiedergli frutti diversi da quelli che può dare, non posso obbligarlo a fruttificare quando voglio io…insomma i frutti sono dei doni: non si possono pretendere, né scegliere. Si possono sperare, si possono accogliere, sono fonte di gratitudine. Il rapporto sessuale vissuto come gesto d’amore porta numerosi frutti. Innanzitutto è il gesto che nutre e fa crescere l’amore reciproco, realizza la comunione, genera fiducia e benevolenza nell’altro, fa sentire accolti e apprezzati. Dà gioia e piacere. Trasmette la vita ai figli.
Tutti i frutti del rapporto coniugale sono preziosi, anche se a volte succede che si desiderino alcuni di questi frutti e se ne rifiutino altri. Per esempio si desidera l’appagamento che scaturisce dal rapporto sessuale, ma non l’impegno per la cura del benessere dell’altro; oppure si desidera poter aver rapporti ma non si desiderano gravidanze; oppure ancora la ricerca della gravidanza diventa lo scopo primario se non esclusivo dell’agire sessuale. Ogni volta che selezioniamo, separiamo i frutti che derivano dal rapporto sessuale, lo impoveriamo e non rispettiamo la sua sacralità.
La fecondità degli sposi quindi non è solo biologica (la capacità di avere figli) ma è tutto ciò che vivifica la coppia, e poi la famiglia, la comunità, la società, il mondo ecc. Infatti possiamo dire che chiunque ama è in qualche modo fecondo: è curioso che i religiosi, che non hanno figli, vengono chiamati PADRE e MADRE (il Santo Padre, Madre Teresa di Calcutta) come a riconoscere loro una paternità spirituale, una capacità di guida e accompagnamento delle persone a loro affidate.
Può essere utile ricordare ancora una volta che il matrimonio cristiano chiede di essere aperti alla vita, ma non viene richiesto il «certificato di fertilità»: significa che non bisogna escludere a priori di avere figli, ma quando questo non fosse possibile il matrimonio non ha meno significato: l’amore trova sempre il modo di essere fecondo!
Una cosa che invece non si dovrebbe mai dimenticare e che Il figlio non è un diritto ma un dono. Come tutti i doni, i figli non si possono pretendere, ma accogliere. Ed è importante ribadirlo perché ultimamente il pensiero comune considera il figlio come il risultato di una libera scelta, un progetto teso in verità più alla realizzazione personale che alla crescita della coppia, nei casi estremi come un bene acquisito con diritto di recesso se non soddisfatti…mentre la realtà è che ogni vita che inizia, per quanto breve o indesiderata sia, lascia un’impronta indelebile nel mondo e cambia per sempre il corpo e il cuore della sua mamma (direi anche se non il corpo, il cuore del suo papà)
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Responsabile (ZAINO): il gesto d’amore rende capaci di farsi carico di queste conseguenze, tiene conto delle sue ricadute, non le sfugge, non fa finta di niente, non fa portare tutto il peso all’altro.
La metafora è lo zaino cioè il contenitore di tutte le altre metafore; il bello dello zaino è che ha due spallacci, che rendono più sopportabile il peso, che nella coppia si può condividere, aiutandosi a vicenda, una bretella per uno.
Un ultimo pensiero sulla responsabilità: bisognerebbe sempre ricordarsi che ogni gesto provoca conseguenze sugli innocenti (cioè su chi non lo compie): solitamente da gesti buoni derivano conseguenze buone, da gesti cattivi derivano conseguenze cattive…per fortuna tante volte da gesti cattivi derivano conseguenze buone!
Quindi libertà, sincerità, gratuità, fecondità e responsabilità sono i criteri che ci guidano per imparare a vivere ogni gesto d’amore, dai più piccoli, come una carezza, ai più grandi.
La castità allora è quella forza spirituale che ci accompagna in questo cammino, e ci aiuta a scegliere gesti adeguati ai diversi momenti della vita, della relazione, alla nostra vocazione.
Come le altre virtù, la castità si perfeziona nel tempo.
Per una coppia, per gli sposi, crescere nella castità significa poter vivere gesti d’amore sempre più belli e significativi col passare del tempo; nell’ottica di un amore che dura tutta la vita è bello pensare che, per quanto sia lungo il tempo che abbiamo già trascorso insieme…il meglio deve ancora arrivare!
i criteri che mi aiutano a capire se quello che compio è un gesto d'amore
13.11.2021

